Ad esempio a me piace il Sud

Un’altra giornata torrida nella giungla urbana di Bangkok. Mi districo tra le sue strade, mi immergo nell’orgia di profumi provenienti dalla miriade di banchetti ad ogni angolo, di tanto in tanto mi fermo ad osservare. Sono sempre stata una persona curiosa, affamata di nuove culture e nuovi sapori. Adoro sperimentare e mettermi alla prova, tant’è che l’ultima volta in Thailandia non ho potuto fare a meno di provare una delle più temute prelibatezze locali: gli insetti fritti. Ripenso a quella strana cena a base di insetti e tom yum goong mentre aspetto pazientemente il mio tè con perle di tapioca, un vero toccasana per resistere a queste temperature. Kop khun kha. Ringrazio e tra un sorso e l’altro continuo a fissare i vari banchetti di street food, gremiti di gente a qualsiasi ora del giorno e della notte. Figurarsi adesso, all’ora di pranzo! Con un certo languorino osservo un piatto fumante di pad thai che avrei volentieri consumato per il pranzo, ma devo rimandare quel desiderio a domani: ho già un appuntamento e dei commensali che mi aspettano.

Arrivo a destinazione. Per fortuna in hotel posso godere del refrigerio dell’aria condizionata. Prendo posto nella grande sala per il pranzo. Al tavolo in fondo mi attende il mio (affamato) team di lavoro: i miei nuovi amici francesi – una giovane coppia con cui si è creato un feeling da subito, un ragazzo svizzero, due ragazze giapponesi e una californiana. Alcuni di loro hanno già il piatto pieno. Sbircio per una fugace anticipazione prima di dirigermi verso il gigantesco buffet e vedo lei, la pasta. O meglio, una sua parente lontana. Strabuzzo gli occhi e una delle ragazze giapponesi mi chiede se avessi qualche problema, se fossi allergica a qualcosa.

“No.” – le rispondo – “Sai, ho visto la pasta.”

“Ne vuoi un po’? Guarda… è lì, in fondo” – e indica un punto del buffet.

“No, guarda…”

“Sei italiana e non ti piace la pasta?”

“No, anzi… Io amo la pasta. Il fatto è che, ehm, preferisco mangiarla solo in alcuni posti”.

Silenzio.

Lei mi fissa e mi fa “Sì, hai ragione. In Italia la pasta è completamente diversa. Specialmente in alcune zone. Ad esempio a me piace il Sud”.

Sorrido. E mentre traduco simultaneamente dall’inglese all’italiano mi viene in mente quel brano di Rino Gaetano, Ad esempio a me piace il Sud.

C’è dell’incredibile. Parlare di Sud Italia, senza volerlo, a Bangkok. Con una giapponese.

“Non dirlo a me, io vengo proprio dal Sud. Precisamente dalla Puglia, non so se conosci questa regione…”

“Puglia? Certo!” – ride, gli occhi si fanno due sottilissime fessure, ed è così entusiasta che quasi mi salta addosso – “Io sono stata in Puglia due anni fa! Ho visto i trulli di Alberobello! Ho mangiato così bene lì, in Puglia…vorrei tanto tornare”.

Se prima c’era dell’incredibile, adesso c’è dell’assurdo. O forse della magia. Parliamo di trulli a Bangkok, non è incredibile?

Gli altri ragazzi, incuriositi, si uniscono alla conversazione. Mi chiedono della Puglia, dei suoi colori, della sua cucina. Racconto loro dell’azzurro del nostro mare, dell’intensità del verde, dei muretti a secco, di quanto è bello il nostro grano color oro. Racconto loro dei nostri pranzi, dell’acqua che bolle, dell’attesa, del fatidico momento del “butta la pasta”. Racconto loro della consistenza della nostra pasta, lontana anni luce da quella roba molliccia del buffet.

Le giapponesi, i francesi, lo svizzero, la californiana. Sono tutti attorno a me ad ascoltarmi, estasiati. Hanno finito di pranzare ma la pasta è ancora lì, nel piatto. Penso che d’ora in poi faranno fatica a mangiare una pasta diversa da quella che ho descritto. D’altro canto è quello che capita a me. Ogni volta che, in viaggio, vedo la pasta, ecco, ho nostalgia di casa. Avverto un’incommensurabile voglia di Puglia.

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