Puglia Calling

Sono triste, è un periodo difficile, è l’ultimo mese qui e sembra non passare mai. Non pensavo di sentirmi così, con pochi giorni alla fine di questa esperienza durata dodici mesi e una tristezza che è come un macigno che mi rende difficile tutto. A lezione sono distratto, non esco più, non riesco a concentrarmi e non va bene, ho gli esami nell’ultima settimana e devo dare il massimo.

All’inizio non era così, mi sono divertito i primi mesi in giro per la città a viverla sul serio, eventi, mostre, serate mondane. Londra a me piace come città, è la mia città europea preferita, ogni volta che ci sono stato da turista sono sempre tornato a casa con la consapevolezza che, se proprio mi fossi dovuto allontanare da casa, era proprio qui che mi sarebbe piaciuto vivere. Solo che poi la vita è strana e ti mette davanti a delle scelte, e quelli che pensavi fossero ipotesi remote diventano improvvisamente reali.

Un Master a Londra, una borsa di studio vinta, un’occasione da non sprecare per un futuro migliore. Un anno e poi chissà che succede, con un piede nel mondo del lavoro ma lontano da casa. Beh, sono passati undici mesi e le speranze sono diventati dubbi, le certezze di un futuro lontano da casa iniziano a sgretolarsi.

Non serve girare intorno al problema, mi manca casa, mi manca Bari, mi manca la mia Puglia. Il mare, il sole, i miei amici. Mi mancano i colori. Forse è proprio questo quello che mi manca di più: i colori della Puglia; c’è una differenza abissale tra questi colori e i colori della mia terra. Grigio è il colore predominante qui in Inghilterra; non so se è solo il riflesso del mio stato d’animo ma qui è tutto grigio, il cielo, i palazzi, le strade e anche le persone. È vero, ci sono i parchi, sono enormi e sono l’unico posto dove trovo un po’ di rifugio, dove respiro un po’, se non piove ovviamente. Ma da me, giù in Puglia, i colori sono tanti: dal celeste del cielo all’azzurro del mare, dal rosso della terra al bianco delle case e al verde dei miei ulivi. Colore contro il grigio, una battaglia impari.

Credo che “i miei problemi” siano iniziati quando, dopo il primo periodo intenso di studio, ho sentito la necessità di tornare a Bari e ho iniziato a prenotare i voli per tornare a casa. Uno al mese, come se fosse una prescrizione del medico: “una volta al mese per sei mesi. Vedrà che andrà meglio”. Caro dottore, non è vero: sono peggiorato, e anche tanto. Ogni volta che scendevo era come se mi riempissi di Puglia, era come se avessi la necessità di rivedere posti visti mille volte, di fissarmi bene in mente determinati scorci, di assaporare determinati sapori e portarli con me a Londra.

Era diventato più o meno un rito: stessi posti, solito ristorante e poi il pranzo della domenica prima di tornare a Londra. Mia madre deve averlo più o meno capito perché, senza che le dicessi niente, preparava sempre lo stesso pranzo: orecchiette al sugo, cacioricotta e basilico. Il secondo era relativo, l’importante era questo primo. “Grazie Mamma, Ora posso tornare a Londra”: era questa la frase che più o meno dicevo dopo aver fatto la “scarpetta” al piatto. E poi ci tornavo a Londra, con una tristezza che durava almeno tre giorni.

Dopo questi dodici mesi ho capito che non posso stare lontano dalla Puglia. Non so se è una sconfitta la mia, non so se è un mio limite, ma so che posso trasformare questo in un vantaggio. Voglio tornare a casa e con quello che ho acquisito in questo anno di Master, cercare di costruire il mio futuro. Creare qualcosa che mi possa rendere felice. Voglio provarci, ho tutta la vita davanti.

Sono le dodici e mezza passate, dovrebbe arrivare a momenti. Eccolo, lo vedo dalla finestra. Suona il citofono, apro, sale le scale, mi lascia il pacco, lo ringrazio e se ne va via.

Accendo il gas, metto la pentola con l’acqua, chiamo i miei coinquilini: “ragazzi, è quasi pronto! Venite?”. Marina e Beppe, miei coinquilini e compagni di Master, di Torino e di Trapani, dopo pochi minuti arrivano in cucina. “Che c’è sta volta nel pacco?” mi chiede Marina. Mi avvicino al tavolo dove l’ho poggiato e inizio a togliere il nastro adesivo che lo chiude, rispondendole: “non lo so Mari, sono certo solo di tre cose, poi confido nella bontà di mia madre”. Si avvicinano entrambi al tavolo, Beppe è abituato, anche lui riceve i pacchi dalla Sicilia e sa l’emozione che si prova nel momento dell’apertura. Lo apro, mi si illuminano gli occhi, ed è come se uscisse la Puglia da quella scatola: pomodori sott’olio, taralli, frise, biscotti, olio d’oliva. E poi ci sono loro, le certezze: pasta, sugo e cacioricotta.

L’acqua bolle, butto la pasta, faccio scaldare il sugo, Marina grattugia il cacioricotta e, mentre aspetto il tempo di cottura, prendo la lettera scritta da mia madre e accuratamente messa nel pacco tra due pacchi di taralli. “Ecco la tua Puglia. Manca poco, tra meno di un mese sarai qui. Ti aspettiamo. Un bacio Mamma e Papà”. Torno Mamma, torno presto. Grazie per questa boccata di Puglia.

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